La sanità emiliano-romagnola è riconosciuta come un’eccellenza a livello nazionale ed europeo. Ne abbiamo parlato spesso ma questa volta vogliamo affrontare uno dei temi che sono, a torto o a ragione, messi sotto il riflettore dai media: i tempi di attesa
M. So.
Una delle caratteristiche che fanno sì che la sanità pubblica della nostra regione sia considerata all’avanguardia è la trasparenza. La Regione Emilia-Romagna da tempo mette online (e quindi a disposizione di tutti) una grandissima quantità di dati e informazioni sulla propria attività. Sui tempi di attesa dell’utenza rispetto alle prestazioni sanitarie (prime visite e diagnostica) esiste un portale, aggiornato settimana per settimana, dove è possibile verificare se linee guida sono rispettate per ogni singola prestazione.
Ricordiamole, le linee guida per i tempi di attesa: 24 ore per le urgenze, 7 giorni per le urgenze differibili, 30 giorni per le visite programmabili, 60 giorni per gli esami di diagnostica (ad eccezione naturalmente di quelli a carattere di urgenza). Siamo andati a verificare il sito internet (il cui indirizzo riportiamo in fondo all’articolo) e abbiamo visto che, salvo qualche eccezione, i tempi sono rispettati in modo pressoché omogeneo in tutta la regione. Sicuramente ci sono delle “criticità”, che vengono segnalate in giallo e in rosso a seconda di quanto i tempi effettivi si distaccano da quelli programmati, ma il “semaforo verde”, per così dire, prevale soprattutto sul medio periodo.
Facciamo degli esempi pratici. Si calcola che il numero delle prestazioni totali (inclusi i singoli esami di laboratorio) superano i 60 milioni ogni anno, su una popolazione di 4 milioni circa di abitanti. Secondo gli ultimi dati che abbiamo consultato (luglio 2019-febbraio 2020) ogni mese vengono “erogate” dalle 70.000 alle 100.000 visite e circa 100.000 prestazioni diagnostiche, per un totale di circa due milioni e mezzo di visite e diagnostiche (al netto quindi dei singoli esami di laboratorio). Il dato di “performance”, quindi di rispetto dei tempi è intorno al 98%.
Le criticità riguardano, in alcuni territori, le visite oculistiche (che sono moltissime, circa il 20% del totale) e quelle gastroenterologiche (per esempio, a Reggio Emilia per due mesi si è andati sotto il 40% ma si tratta di una eccezione assoluta).
Abbiamo chiesto a Daniela Bortolotti, che è responsabile della sanità nella segreteria regionale Spi-Cgil ER, di chiarirci meglio il quadro generale, al di là dei singoli numeri.
“Anzitutto il riferimento importante – ci ha detto – è la delibera 1056 della giunta regionale del 27 luglio 2015, che affronta dal punto di vista del ‘sistema’ sanità il tema dei tempi di attesa con una serie di provvedimenti molto importanti”. Impossibile elencarli tutte nel dettaglio, dai Percorsi di garanzia alla definizione di appropriatezza delle prestazioni, alla ridefinizione degli ambiti territoriali, all’estensione di orari e giornate (il testo originale prevedeva l’erogazione anche il sabato e la domenica, ma si è poi visto che le persone non effettuavano prenotazioni per le domeniche e quindi si è ricalibrata l’offerta).
Purtroppo negli ultimi mesi si è verificato il caso di una importante Azienda sanitaria che ha “chiuso le agende” e quindi non ha accettato prenotazioni per un periodo. Come è possibile?
“Nell’ambito del sistema attuale – risponde Daniela Bortolotti – non si possono più fare ‘agende chiuse’, quello di Reggio Emilia è stato un caso assolutamente contrario alle regole e noi se nel futuro dovessero verificarsi altre ‘chiusure’ vigileremo e interverremo”.
In quali ambiti il sindacato pensa di agire per migliorare ulteriormente la cosiddetta offerta di prestazioni?
“Margini di miglioramento ce ne sono e ci lavoreremo. Per esempio, una critica che ci arriva dai cittadini più anziani è di non ricevere la prestazione nel proprio distretto sanitario di residenza ma di doversi spostare. Per alcune prestazioni frequenti o importanti chiederemo che siano il più possibile evitati questi spostamenti. E poi il monitoraggio va esteso oltre che alla prima visita anche a quelle di controllo e successivamente anche ai tempi di attesa per i ricoveri. Un altro punto importante che richiamiamo sempre è la non sufficiente disponibilità di specialisti, che è la ragione principale del mancato rispetto dei tempi. Va sottolineata un’altra disposizione assunta con la delibera del 2015 e cioè che anche il cittadino è tenuto a rispettare il proprio impegno con il servizio sanitario, dando disdetta con anticipo se non può presentarsi all’appuntamento prenotato, lasciando ad altri la possibilità di usufruire di quel tempo. È una delle misure che possiamo dire stia funzionando bene”.