Con l’arrivo della pandemia qualcosa si è rotto sulla nostra minuscola astronave in viaggio nell’immensità dell’universo. Il professor Balzani ci accompagna ancora una volta per mano per capire la crisi nel rapporto tra l’uomo e la natura e le opportunità che si aprono
Vincenzo Balzani, Università di Bologna *
In una famosa fotografia della NASA, scattata dalla nave spaziale Cassini Orbiter a una distanza di 1,5 miliardi di chilometri, la Terra appare come un puntino blu-pallido nel buio cosmico. È molto interessante e anche istruttivo guardare quella foto: si dovrebbe mostrare e commentare in tutte le scuole e, ancor più, nei corsi universitari che aprono alla carriera politica. Quando si osserva la Terra da molto lontano, infatti, ci si rende conto quale sia la nostra condizione. Siamo passeggeri di un’astronave che viaggia nell’infinità dell’universo, che non può attraccare in nessun porto e le cui uniche risorse sono quelle che ha a bordo e la luce del sole. Se qualcosa non funziona, se qualcosa si “rompe” sono i passeggeri stessi che devono provvedere alle riparazioni.
Da qualche mese sull’astronave Terra qualcosa si è “rotto”. È in circolazione il Covid-19, un virus pericoloso e molto contagioso. In attesa di combatterlo con un vaccino a cui stanno lavorando chimici, fisici, biologi e medici, ci difendiamo dal virus con l’antipatica arma del distanziamento sociale. Secondo gli scienziati il virus è passato da animali selvatici all’uomo a causa della crisi nel nostro rapporto con la natura: esagerato uso delle risorse naturali, degradazione dell’ambiente, cambiamenti climatici, consumo di sempre maggiori quantità di prodotti animali, esagerata antropizzazione del suolo, perdita di biodiversità e fragilità dell’organismo umano. Già da parecchi anni gli scienziati sostengono che l’umanità non sta custodendo bene il pianeta. Con la comparsa del Covid-19 siamo entrati decisamente in crisi, ma sappiamo che ogni crisi offre l’opportunità di un cambiamento verso una situazione migliore. Poiché l’astronave Terra è l’unico luogo che abbiamo per vivere, non possiamo farci sfuggire questa occasione.
Il 23 settembre 2019 durante il Climate Action Summit delle Nazioni Unite, una ragazzina di 16 anni, Greta Thunberg, parlando a nome di tanti giovani aveva detto, in lacrime, ai leader mondiali: “Avete rubato il nostro futuro”. Compito di ogni generazione dovrebbe essere preparare un futuro migliore alla generazione successiva. Questo, però, non sta avvenendo. L’uomo moderno, spinto dalla grande disponibilità di energia fornita dai combustibili fossili e dai progressi della tecnologia, si è forgiato una sua epoca, l’Antropocene, caratterizzata da un modello di sviluppo distorto (usa e getta) che ignora i limiti delle risorse del pianeta, i danni causati dalle enormi quantità di rifiuti che vengono generati e le crescenti disuguaglianze sociali.
Se non un futuro migliore, dovremmo lasciare ai giovani almeno le condizioni per un futuro sostenibile. Ecco quindi emergere sempre più frequentemente nei dibattiti scientifici, ma anche nella preoccupazione delle persone, il problema della sostenibilità, con i suoi due volti strettamente collegati: sostenibilità ecologica (o ambientale) e sostenibilità sociale. Infatti, come ha scritto papa Francesco nell’enciclica Laudato si’: “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale che va affrontata con una visione unitaria dei problemi ecologici ed economici”.
Se vogliamo raggiungere la sostenibilità ecologica dobbiamo capire anzitutto che una crescita illimitata è incompatibile con la situazione in cui ci troviamo, passeggeri di un’astronave che non può rifornirsi di risorse. Non possiamo pretendere che il pianeta Terra si adatti alla nostra megalomania; dobbiamo essere noi ad adattarci ai suoi limiti: non possiamo andare a vivere in altri luoghi.
In questi ultimi anni qualche progresso è stato fatto per quanto riguarda la sostenibilità ecologica. Si è capito che modificare il sistema agricolo per ottenere sia cibo che energia non è possibile e neppure conveniente. La conversione della energia solare in energia elettrica ottenuta col fotovoltaico è almeno 50-100 volte più efficiente della conversione in energia chimica ottenuta con la fotosintesi. Quindi la soluzione di molti problemi energetici, primo fra tutti quello della “mobilità”, non sta nel sostituire i combustibili fossili con biocombustibili, ma nel passare da motori a combustione a motori elettrici.
Per il successo dell’economia circolare non è sufficiente la raccolta differenziata; è necessario progettare gli oggetti in modo che siano facilmente disassemblabili così da riciclare più facilmente gli elementi di ogni singolo componente.
La scarsità delle risorse non ci permetterà più di possedere, come nel passato, tutte le “macchine” (ad esempio, l’automobile) che utilizziamo, ma dovremo accontentarci di usare, nei tempi in cui ne abbiamo effettivo bisogno, “macchine” condivise.
Dovremo mettere in atto sempre più spesso il verbo risparmiare, perché le risorse disponibili sull’astronave Terra sono limitate. Nel 2017 abbiamo estratto 92 miliardi di tonnellate di materiali, più di 30 kg al giorno per ciascuno dei quasi 8 miliardi di abitanti del pianeta, immettendo nell’atmosfera 37 miliardi di ton di CO2, il gas serra che causa il cambiamento climatico.
Per ridurre i consumi, studi scientifici dimostrano che non è sufficiente “agire sulle cose”, cioè aumentare il rendimento dei processi di produzione e l’efficienza dei vari tipi di “macchine” che usiamo; è molto più importante “agire sulle persone”, sollecitarle cioè a praticare stili di vita ispirati alla sobrietà.
C’è ancora parecchio da fare, ma siamo sulla buona strada per raggiungere le condizioni di sostenibilità ecologica che le nuove generazioni giustamente esigono. Siamo invece molto lontani dall’obiettivo della sostenibilità sociale che richiede, anzitutto, una ridistribuzione della ricchezza. Non può esserci sostenibilità sociale se, come scrive papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ “Non ci accorgiamo più che alcuni si trascinano in una miseria degradante, mentre altri non sanno nemmeno che farsene di ciò che possiedono”.
Dobbiamo fare in modo che la pandemia del coronavirus, dalla quale stiamo faticosamente uscendo, riporti in primo piano il problema della sostenibilità. È un traguardo che possiamo raggiungere utilizzando con cura le risorse del pianeta e l’energia del Sole, sviluppando le conoscenze scientifiche e sfruttando le nostre preziose fonti di energia spirituale, saggezza, creatività, responsabilità, collaborazione, amicizia, sobrietà e solidarietà. Forse, allora, ricorderemo questa pandemia come una salutare lezione impartitaci dalla Natura.
* Vincenzo Balzani è Professore Emerito dell’Alma Mater Studiorum di Bologna e tra i chimici più illustri dei nostri tempi, oltre che (orgogliosamente) iscritto allo Spi-Cgil